Una decisione storica: la Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per non aver agito in tempo, nonostante le denunce, per prevenire l’ennesimo caso di violenza ai danni di una donna per mano di suo marito, nonché l’uccisione del figlio.
La storia, brevemente riassunta, è questa: Elisaveta Talpis, cittadina con doppia nazionalità rumena e moldava che da 2011 viveva con il marito moldavo, la figlia diciannovenne e il figlio tredicenne a Remanzacco, in provincia di Udine, si era rivolta a carabinieri e polizia per denunciare le violenze subìte – lesioni corporali, maltrattamenti e minacce – ma non aveva ottenuto protezione, niente di più della stesura di semplici rapporti di denuncia.

Poi, suo figlio muore per mano del marito violento ed Elisaveta scampa per poco alla stessa fine. I suoi legali ricorrono a Strasburgo per ottenere giustizia. “Abbiamo presentato questo ricorso alla Corte di Strasburgo perché nella storia di questa donna ci sono tutti gli elementi di violenza ripetuta, grave e soprattutto sottovalutata e non riconosciuta”, spiega l’avvocato Titti Carrano, uno dei due legali autori del ricorso. E i giudici di Strasburgo le danno oggi ragione, con una sentenza emessa perché “l’Italia non ha reagito con sufficiente rapidità per proteggere una donna e suo figlio dagli atti di violenza domestica perpetrati dal marito”: sono passati 7 mesi prima che la donna fosse ascoltata dalla polizia. La sentenza non è definitiva e per l’Italia è ancora possibile il ricorso.

(fonte: D la Repubblica)